DUE AMORI | Auditorium di Albino BG | STORIA DI RENATO CASAROTTO | Una recensione

Recensione scritta dopo la rappresentazione di sabato 30 novembre presso l’Auditorium di Albino.

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Ritratto di Piera Biliato | Intraisass.it 2003 >> Leggi la scheda di Carlo Caccia

AMO ANDARE DOVE NON CONOSCO

di Alberto Peruffo

Una narrazione importante. L’inizio si basa su una folgorante doppia intuizione, di scena e di senso, di cui forse lo spettatore non riesce a decifrarne subito la portata come non si è elaborato ancora del tutto l’importanza dell’alpinismo di Renato Casarotto. Che va ben oltre l’alpinismo. Ma restando e partendo da esso. Come se l’accesso a certe esperienze fosse solo per chi pratica in egual misura il fisico e il mentale. Ed è qui dove Renato è un maestro difficile da superare. Proprio in questo pericoloso equilibrio compositivo che l’alpinismo permette. Tra l’esperienza fisica e l’esperienza mentale conoscitiva. Tutto ciò emerge piano piano, senza retorica, nelle parole di Nazareno Marinoni, il cronista Rai sulla cui traccia si dipana l’ordito narrativo. Grazie soprattutto alla rivelatrice sottolineatura dell’attore Massimo Nicoli – qui una forte nota di merito va alla regia – quando ripete una seconda volta: «amo andare dove non conosco». Riferendosi alla scelta delle sue vie. Di Renato. Magari spesso d’inverno. O da solo. Vent’anni fa mi ero aggrappato in modo acerbo a quell’intuizione di senso. Oggi a teatro ho trovato la conferma. Renato Casarotto ha salvato l’alpinismo dal suo rinchiudersi in un ambito, dall’essere semplicemente una disciplina specifica, sia essa sportiva, sia essa scolastica, come lo possono essere la matematica o l’esercizio ginnico. L’alpinismo, come l’ha inteso Renato, è ricerca totale. Metadisciplinare, per usare un termine dotto e per allegerire quel “totale” da arroganze sapienziali. È rompere gli ambiti e inoltrarsi dove fisico e mente si scontrano, senza dimenticare la fragile umanità da cui si giunge, fragilità racchiusa, protetta, annunciata dal significato nascosto dietro la parola “amore”. Un amore non trascendentale, metafisico, come spesso qualcuno ingenuamente crede. Ma un amore concreto, fatto di piccoli gesti quotidiani, di affetti, di amicizia, come hanno dimostrato i miei compagni di questo viaggio, giunti con me ai piedi della rappresentazione. Gli stessi compagni storici di Renato: Giacomo, Pierino, Goretta, Mario, Nazareno. “Un amore” che si declina in primis sulla grandezza della montagna impervia e inaccessibile grazie a quel magistrale “amo andare dove non conosco”. E che si riflette, diventa “due”, plurale, nella condivisione di questa esperienza-limite con la compagna più importante e determinante: la moglie Goretta. La rappresentazione si apre con un ricordo filologicamente perfetto del cronista Rai, poi diventato amico, che è chiamato dalla coppia di alpinisti-performer Boivin-Berhault in procinto di attaccare di corsa il Pilastro Rosso del Brouillard. Chiedono a una troupe della Rai di portarli con l’elicottero alla base della montagna in cambio dell’esclusiva. Nel mentre accade tutto questo si viene a sapere – tutti, e in modo discreto, da Renzino Cosson – che c’è un uomo che sta per compiere in quegli stessi giorni l’integrale di Petereuy per le tre vie più difficili, senza conoscerle, d’inverno. Niente rifornimenti; niente collegamenti con l’esterno. Niente aiuti o scorciatoie. Da solo. Solo! Gli operatori della Rai sono imbarazzati. Gli stessi alpinisti-performer. Da una parte, la velocità, il tempo, il dileguarsi della complessità nella perfezione di una linea conosciuta a priori e del gesto che la compie. Dall’altra la lentezza, lo spazio, il complicarsi dell’imperfezione nel mondo sconosciuto che ogni singolo uomo deve in qualche modo riordinare per tornare alla luce, senza dimostrare niente a nessuno se non che a se stesso e alle persone che ama. Ecco la chiave. Amo andare dove non conosco. Non c’è paragone, non c’è partita tra le due parti. E piano piano nel corso della storia ci si dimentica dei due eccezionali performer che hanno aperto la scena  e ci si addentra ad ascoltare increduli la storia di Renato Casarotto. La storia di un uomo e del suo incontro-scontro con il limite universale, esperienza da condividere con persone vicine e lontane. Un inizio perfetto, seguito da una narrazione serrata, intercalata da fatti storici somministrati con grande maestranza teatrale. I miei compagni non hanno battuto le palpebre. Stregati da quel “amo andare dove non conosco”. Stregati da ciò che – con un altra formula semplificatrice – ha recentemente aperto il mio ultimo scritto di alpinismo sullo stesso registro di cui sopra: non è il tempo che conta, ma lo spazio. E le sue complicazioni che pongono sul limite il nostro essere. L’essere, l’essere spogliato dall’illusione di ogni perfetta filosofia a priori. E dalle sue pratiche dissolutrici di ciò che è là fuori. Di noi. La natura modificata a nostro uso e consumo. L’essere spogliato. Senza scorciatoie. Senza gesti spettacolari. Renato docet.

3 dicembre 2013.
Particolari meriti a Davide Torri dell’Associazione Gente di Montagna per il coraggio e la lungimiranza del progetto.

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Sabato 30 novembre presso l’Auditorium di Albino – Bergamo, Alberto Peruffo parlerà di Renato Casarotto a seguito della messa in scena del lavoro teatrale ideato da Davide Torri, prodotto dall’Associazione Gente di Montagna e dal Teatro Minimo di Ardesio per ricordare il grande alpinista vicentino scomparso sul K2 nel 1986 e che visse gli ultimi anni della sua vita nelle montagne del bergamasco. Con Alberto, in sala, Giacomo Albiero (88 anni) e Pierino Radin (70 anni), i due storici compagni di Renato. Presenti pure Goretta Traverso, Nazareno Marinoni e Mario Curmis. Nei prossimi mesi la rappresentazione teatrale è attesa in provincia di Vicenza.

DUE AMORI, Storia di Renato Casarotto
(estratto video)

SPETTACOLO TEATRALE atto unico 85′
di Massimo Nicoli da una scrittura di Nazareno Marinoni
consulenza al testo Gianfranco Ialongo
da una idea di Davide Torri
con Massimo Nicoli musiche di Francesco Maffeis
coordinamento tecnico Diego Bergamini
oggetti di scena Mario Curnis
regia di Umberto Zanoletti
produzione: Associazione Gente di Montagna e Teatro Minimo Ardesio

ABSTRACT
Si può raccontare di un grande alpinista e delle sue eccezionali imprese senza cadere nella retorica? Può uno spettacolo teatrale portarci tra le montagne più belle della Terra senza spingere troppo la fantasia? È l’amore, forza conosciuta ma sempre nuova, capace di avvicinarci a tempi, luoghi e sentimenti che fanno parte della vita privata di una coppia?
Lo spettacolo DUE AMORI. STORIA DI RENATO CASAROTTO, risponde con un semplice sì a questi questiti provando a presentarci un personaggio, le sue avventure e i suoi pensieri con un’unica luce che illumina i momenti famigliari e personali di una vita che, per quanto breve, è stata un riferimento per tanti in quegli anni e anche oggi.
Una nuova iniziativa dell’Associazione Gente di Montagna che assieme al Teatro Minimo di Ardesio ha prodotto uno spettacolo teatrale che è l’occasione di raccontare l’alpinismo attraverso l’amore di un uomo verso la sua compagna e verso le montagne che lo hanno accompagnato in ogni giorno della sua vita.

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Storia di Renato Casarotto

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